Solidarietà ai lavoratori Honeywell

👉I lavoratori non sono carne da macello
Continua il momento nero per il mondo del lavoro nel nostro territorio.  E’ noto ormai da tempo che il colosso internazionale  Honeywell  intende chiudere i battenti  trasferendo la propria produzione nello stabilimento di Brno in Repubblica Ceca.

È inaccettabile che si licenziano lavoratori nello stabilimento situato in Val di Sangro per la scelta di delocalizzare l’industria; è una vergognosa insensibilità che dimostra una netta discontinuità con quella che è stata la storia della Honeywell – Garrett, in termini di qualità e quantità della produzione durata alcuni decenni. 
Un atteggiamento aziendale incomprensibile che ha caratterizzato tutta la vicenda, a partire dalla drastica riduzione avviata dal 2009 e che sembra seguire le sorti dello stabilimento di Morbegno, in provincia di Sondrio di alcuni anni fa. 

C’è un fiume di persone, 420 dipendenti con le loro famiglie, che chiede risposte, ma in cambio, per ora, ha ricevuto soltanto un enorme punto interrogativo.

Obiettivo è  quello di trovare soluzioni a salvaguardia dell’occupazione e del patrimonio produttivo del territorio e più in generale della nostra regione.

L’azienda che ha già subito tagli consistenti in termini di produzione e posti di lavoro, terminati gli ammortizzatori sociali, ha attualmente in essere il contratto di solidarietà, così da paventare una imminente chiusura dello stabilimento nel 2018.

 

Concorrano tutte le forze per scongiurare questo dramma.

Aldilà di dati statistici, la crisi del lavoro è ancora molto evidente  e in questo momento,  fuori di qui nella nostra zona e non solo, non si trova niente: perso questo posto sarà dura trovare un altro lavoro.
Continua il momento nero per il mondo del lavoro nel nostro territorio.  E’ noto ormai da tempo che il colosso internazionale  Honeywell  intende chiudere i battenti  trasferendo la propria produzione nello stabilimento di Brno in Repubblica Ceca.

È inaccettabile che si licenziano lavoratori nello stabilimento situato in Val di Sangro per la scelta di delocalizzare l’industria; è una vergognosa insensibilità che dimostra una netta discontinuità con quella che è stata la storia della Honeywell – Garrett, in termini di qualità e quantità della produzione durata alcuni decenni. 
Un atteggiamento aziendale incomprensibile che ha caratterizzato tutta la vicenda, a partire dalla drastica riduzione avviata dal 2009 e che sembra seguire le sorti dello stabilimento di Morbegno, in provincia di Sondrio di alcuni anni fa. 

C’è un fiume di persone, 420 dipendenti con le loro famiglie, che chiede risposte, ma in cambio, per ora, ha ricevuto soltanto un enorme punto interrogativo.

Obiettivo è  quello di trovare soluzioni a salvaguardia dell’occupazione e del patrimonio produttivo del territorio e più in generale della nostra regione.

L’azienda che ha già subito tagli consistenti in termini di produzione e posti di lavoro, terminati gli ammortizzatori sociali, ha attualmente in essere il contratto di solidarietà, così da paventare una imminente chiusura dello stabilimento nel 2018.

 

Concorrano tutte le forze per scongiurare questo dramma.

Aldilà di dati statistici, la crisi del lavoro è ancora molto evidente  e in questo momento,  fuori di qui nella nostra zona e non solo, non si trova niente: perso questo posto sarà dura trovare un altro lavoro.

No alla violenza

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La violenza va condannata senza sé e senza ma

In questi giorni riemerge il fenomeno della violenza che miete vittime tra giovani di opposte fazioni per ragioni ideologiche. Un preoccupante ritorno al periodo più buio degli anni 70 quando in città era pericoloso girare per il centro, perché continui erano gli azzuffamenti violenti tra bande di estrema destra ed estrema sinistra. Da amministratore di questa città leggo questo episodio come molto inquietante: la nostra è e deve rimanere una città aperta e dialogante, pronta e disponibile al confronto dialettico, confronto che non è sinonimo di scontro. Dagli errori si prende esempio per non commetterli di nuovo e di questo dovrebbero fare tesoro le nuove generazioni facinorose, affinché non ci sia una escalation di questi episodi. Sulla denuncia verso un ipotetico attacco “squadrista” indaghi la Procura. Personalmente condanno a prescindere la violenza, di qualunque colore politico essa sia.
La violenza si manifesta spesso anche con l’uso del linguaggio, che se offensivo o aggressivo può generare risposte sempre più forti. Anche l’uso di parole “non ostili” aiuterebbe un confronto più sereno. Un concetto, un’idea può essere detta in tanti modi e sta a noi (specie amministratori pubblici, educatori, genitori) essere da esempio. La stampa e la tv non aiutano, ma possiamo comunque distinguerci dagli urlatori e populisti che alzano la voce spesso offendendo, mancando di rispetto al proprio interlocutore, utilizzando noi un linguaggio civile, rispettoso dell’altro, del suo pensiero anche se differente dal mio.
E’ questa la Politica, quella con la P maiuscola. Dovremmo tutti coltivare in noi e proiettare fuori di noi un’educazione alla pace. Una società più equa e giusta non può prescindere dalla pace tra i popoli e tra le persone. Bastano pochi minuti di odio, di follia, di fanatismo per cambiare in negativo il volto di una città. Cerchiamo di non spegnere quella luce di umanità che è in noi, di fronte a episodi di violenza e terrore. Un percorso etico è lungo e irto di ostacoli e difficoltoso da percorrere. Quello dell’odio immediato e istintivo.
La storia di PACE è ancora tutta da scrivere, raccontare, vivere. E ciascuno DEVE fare la propria parte perché nulla resti di intentato. Educhiamo al rispetto dell’altro, al rispetto del diverso da me.
Allora, non ci siano alibi né distinguo.
Esorto tutto il mondo politico locale a condannare episodi violenti commessi in città di qualunque matrice politica, perché tutti possiamo con i nostri atteggiamenti responsabili o meno ragionevoli essere “provocatori” di questi fenomeni.
Viva la democrazia